A distanza di nove mesi ho finalmente percepito la presenza della rottura. La linea di frattura è lì, nitida, tra la foto della serratura all’Ordine di Malta e quella al chiostro del Bramante, un segno netto, un prima e un dopo.
Può sembrare una cosa banale l’accorgersene in questo modo, lo capisco, ma il cervello è strano e a volte fa un po’ come cazzo gli pare. E altrettanto capisco che è inutile girarci intorno, devo prendere atto del fatto che quello che ero prima non sono più ora, che la versione di me di adesso è un po’ rotta.
Alcune cose posso farle, altre mi sono consentite in modo diverso, altre ancora ciao perché andrei a fare la fine di Humpty Dumpty giù dal muretto. E quindi vado avanti così, con i piedi di piombo, aggiustato per quanto possibile, pensandomi a volte come una di quelle tazze giapponesi, rotte e recuperate dai loro cocci e tenute insieme da un amalgama dai colori rosso e oro.
E il mio è un amalgama davvero speciale, ha tenuto insieme i miei pezzi e mi ha dato la solidità che mi serviva. E mi ha reso anche più bello, echecazzo. E sei tu Antonella, amore mio, il mio amalgama.
E il post sarebbe dovuto fine al punto subito qui sopra, ma scrivendo ho sentito che c’era qualcosa d’altro da dire.
Sono qui, completamente spaesato, nella casa vecchia, e mi manchi Antonella, sono triste perché mi aspettavo di trovarci alcune cose ma non ci sono più, e mi manchi da morire, ma sono anche felice perché sto scrivendo di cose mie e soprattutto di amore fregandomene del resto e pensando a scrivere e basta. E vaffanculo. L’ho detto che mi manchi?