Thank you

bymcalamelli on26/04/2013

Stefania.
Marco, la Cate, Simone e Bicio, Luca, Simone e l’Elena.
Elena, Francesca, Vincenzo, Emanuela, Federica.
Michela e Matteo, Elisa.
Le Mondine.
Corrado.
Benedetta & family.

Spero di non aver lasciato fuori nessuno. Grazie per il bellissimo Natale. REsistiamo.

Stato di deprivazione sensoriale

byM. Calamelli on06/07/2013

Comincia tutto con il rumore della risacca, steso sul lettino ad un paio di metri dalla riva.
Il rumore, ritmico, accompagna le percussioni, lente, del battito del cuore.
Il brusio delle voci di chi resta a pranzo, sotto l’ombrellone, è basso e distante.
La pelle è coperta da uno strato umido, le gocce di sudore scendono dal torace verso la schiena, andando a morire sul telo.
È l’ora del bagno, uno dei tanti, senza soluzione di continuità.
Mi immergo piano piano nell’acqua, assaporandone la freschezza che mi risale lungo il corpo. Caviglie, polpacci, cosce, i testicoli che si restringono, la schiena che manda brividi.
L’acqua ora mi arriva al collo.
Alzo le gambe, sposto indietro la testa, allargo le braccia a croce e lascio che l’acqua mi ricopra fin dove desidera.
Le orecchie sono immerse, tutto mi arriva attutito, distante.
Rallento il respiro, mi concentro sul galleggiamento, attendo.
Ed eccolo.
È una specie di tonfo, sordo, come se al mio corpo fossero attaccati dei pesi e fossi arrivato, planando lentamente, sul fondo di una piscina.
La percezione del tempo e dello spazio viene meno, e se proprio mi interessa, posso intuire come sono orientato sentendo da che parte vengo colpito dalle onde.
È uno stato di equilibrio perfetto, fisico e mentale.
Vorrei che non finisse mai.

Mossismo involontario

bymcalamelli on29/04/2013

Una volta facevo il fotografo, dice l’uomo. Fino a quando non è iniziata la malattia e sa, le foto mosse non piacciono a tutti; così vado nei posti che mi piacciono e mi fermo a guardare, perché sta tutto lì sa, nel guardare le cose e vederci dentro. Non posso fare altro, guardo.

Il periodo precedente l’ho estrapolato da questo post scritto ieri da Squonk, un post da un lato molto bello, ma che mi ha dato anche da pensare. L’idea di finire come l’uomo del racconto mi spaventa molto. È che le braccia tremano abbastanza, a volte, il dottore dice di non preoccuparmi, che è una questione di nervi, lo stress, l’ansia, però ecco, ci penso, e tremo un po’ di più.

I racconti della casa nuova – Un breve sopralluogo

bymcalamelli on10/05/2013

L’acqua nel fiume non è molta, e scorre lenta verso la foce. In direzione opposta, una serie di onde svela un pesce che risale la corrente. Le canne frusciano come un mormorio, scosse appena dalla leggera brezza. Un turbinio di rondini percorre la superficie dell’acqua a caccia di insetti, e le più avventate – o distratte – mi volano vicino, affacciato al piccolo balcone. Sento di volerle già bene, alla casa nuova.

Garbino

byM. Calamelli on24/05/2013

Garbino è il soprannome di questo tizio, un po’ matto, e lo chiamano così perché ha la tendenza a sbroccare. Garbino lo ha scoperto non molto tempo fa, di essere matto, perché tutti gli dicevano di sì, è lui “Mannò, non sono matto!” e poi ha letto da qualche parte che i matti non sanno di esserlo, e allora sì, ha capito che è matto. Parla spesso da solo, ha questo vecchio marsupio al quale è affezionato e non vuole buttare, nonostante stia assieme con lo scotch, e che secondo lui lo fa figo. Quando tira il garbino, la gente gli dice “Va la, Garbino, è meglio se stai al riparo, ché altrimenti diventi ancora più matto di quello che non sei già”, e giù a ridere. Lui allora se ne va, brontolando tra sé, scocciato, perché gli altri non capiscono che a lui piace, quel vento caldo, gli piace sentire i granelli di sabbia che gli pizzicano la pelle, gli piace quel vento perché è l’unica cosa che riesce a spazzargli via tutti i pensieri dalla testa.