“Prima o poi, vedrai, si spacca”
“Lo so”
“E perché non lo butti?”
“Perché ci sono affezionato”
“Ma è un piatto!”
“La sai la sua storia?”
“No, sentiamo, dai”
“Si è crepato la prima sera che sono venuto qui. Ho messo la tovaglietta sul tavolo, poi le posate e il bicchiere, e poi il piatto. L’ho appoggiato normalmente, come tutti i piatti della mia vita, e lui, crac, crepato.”
“E quindi?”
“Aspetta. Dicevo, l’ho appoggiato, ho sentito il rumore, poi l’ho guardato e ho visto che non era rotto, ma solo crepato. Allora gli ho detto “Fratello, siamo in due” ”
“Ok. Ma ora perché non buttarlo?”
“Onestamente, credo debba tenerlo ancora per un po’”
Categoria: racconti
Un piatto, crepato
La ferita
Si sveglia all’improvviso a causa di una fitta lancinante al piede, in corrispondenza del taglio che si è procurato qualche giorno prima in spiaggia. Scosta le lenzuola diventate, causa il caldo, un tutt’uno con il corpo, e guarda la ferita. Non ha un bell’aspetto, è gonfia e arrossata, ancora non rimarginata, più profonda di quanto gli era sembrata. Forse è il caso di darci una ripulita; prende un paio di cotton fioc e il disinfettante e si mette all’opera: prima l’esterno, e la pelle attorno, poi con delicatezza la apre per rimuovere gli eventuali granelli sabbia e pezzi di conchiglie rimasti all’interno. Il disinfettante brucia sulla carne viva facendo il suo lavoro di pulizia, e lui si sforza di non fare movimenti bruschi. No, aspetta, però c’è qualcosa che non va. Aprendo un po’ di più i lembi della ferita si accorge che sotto, nella carne, c’è qualcosa di bianco e lucido; pensa ad altri pezzi di conchiglia, finiti più in profondità, ma no, non ci assomigliano. Poi, d’un tratto, quando è ancora lì ad osservarle, le cose bianco-lucide si muovono, e lui sente di nuovo la fitta lancinante che l’ha svegliato. La fitta è lunga, questa volta, legata indubbiamente al movimento, movimento che gli mostra cosa sono le cose bianco-lucide. Denti, piccoli ma affilati, due file da quattro che formano una bocca in miniatura, che mordono e scatenano le fitte sentite. Lui si solleva dal letto, urlando, spaventato, e sbilanciato dalla foga del gesto cade sul pavimento.
[Poi mi sono svegliato, stamattina. Era da un po’ che mi lamentavo del fatto che non ricordavo i sogni. Tiè, servito. Ma va bene così, mi accontento di un piccolo incubo. Ah, il taglio sotto il piede ce l’ho sul serio, però tranqui, niente denti. Anche se, in effetti, è un po’ arrossato…]
Una mano
Sono seduti al tavolino del bar, uno di fronte all’altra, in un tardo pomeriggio che sta diventando sera. Lei parla, con gli occhi che, respiro dopo respiro, diventano via via più lucidi. Lui ascolta, attento a cogliere quello che lei non riesce a dire. Poi lui le offre la mano, e lei la prende, e la stringe, perché sa che lui non vuole nulla in cambio. Lei poggia la testa all’altro braccio, sul tavolo, e per qualche minuto ci sono solo le sue spalle, che vanno su e giù al ritmo dei singhiozzi, in silenzio. Poi tutto si calma.
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Più semplice, non più facile
Ha deciso che è il momento giusto per una sigaretta, e si dirige verso il balcone. Lascia il soggiorno vuoto, il silenzio del film in pausa interrotto ogni tanto dal condizionatore che tenta a fatica di raggiungere la temperatura impostata. La casa è buia, e lui si trova a volerla mantenere tale. Si muove piano nel buio, evitando gli ostacoli che conosce a memoria, ruota il meccanismo di chiusura delle imposte inclinandolo per evitare il cigolio del metallo contro il metallo, poi è fuori. L’aria è calda e umida, immobile, ma sa che c’è un angolo, in fondo, verso destra, che probabilmente è ventilato. E infatti. Si appoggia al parapetto, la mano a coppa per aiutare l’accendino, e si guarda in giro, pensando. Pensando alle altre volte che si è trovato in quella situazione, con altri pesi sullo stomaco, con altri pensieri in testa. “Allora, cosa dici, torni qui?”, gli ha chiesto. “Si, dai, credo sia la cosa più semplice, per tutti”, ha risposto. Più semplice, si, ma quanto facile?
A occhi chiusi
Mi guarda, ora ne sono sicuro. Ha gli occhiali da sole, ma non servono, ho colto lo sguardo. Mi fissa, quasi con preoccupazione, la vedo. Si, in effetti ho il viso corrucciato, l’espressione tirata guardando fuori dal finestrino: ma è il sudore che brucia gli occhi, il male ai piedi per la lunga camminata. Ok, ci sono anche i soliti pensieri, però, oggi, ecco, non solo. Cosa vuole? Perché non smette? Cosa sta pensando di me? Non si accorge che mi da fastidio? Adesso provo a chiudere gli occhi e dormire un po’, così magari mi si rilassano i muscoli del viso, e lei la smette.
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Le storie dei bar
All’inizio c’era una idea, quella di raccogliere materiale sui bar, racconti, foto, video. La balotta, se mi si concede un poco di slang, l’ha pensata e mi è sembrata subito ottima. I bar sono luoghi affascinanti, sono dei piccoli ecosistemi chiusi, e guardarli da fuori è come mettersi a fissare una vasca in un acquario. Poi purtroppo ci si è resi conto che il progetto era troppo complesso, ed è stato accantonato. Ora, approfittando di Stimu:lable, il progetto l’abbiamo rispolverato, e qui trovi i post relativi.
[UPDATE] il socio mi ricorda che accettiamo contributi :) Da inviare per email a info [chiocciola] stimulable [punto] net
“Ma ci sarà sicuramente il sole, almeno quello dell’avvenire.”
Manicardi e la combriccola tutta l’hanno fatto di nuovo.
Il 25 aprile esce Schegge di Liberazione, quello di carta, e pure in ebook. Il 25 aprile siamo all’ex Campo di Concentramento di Fossoli (una frazione di Carpi), dove in vari punti del campo dalle 14:30 alle 15:30 leggiamo i pezzi dal nuovo Schegge e da quello vecchio. Ad accompagnarci ci saranno quel fricchettone di simonerossi all’ukulele e un contrabbassista nuovo in temporanea sostituzione del nostro Bicio, che è andato a lavorare in Germania, pensa te.
Al solito, se volete leggere il vostro pezzo o un pezzo altrui, saremo lì ad accogliervi con le braccia spalancate. Mandate pure una missiva elettrificata a marcomncrd chiocciola gmail punto com, contattateci nei socialcosi o presentatevi direttamente al Campo di Fossoli un po’ prima delle 14:30.
Ma non finisce mica lì, perché dopo di noi, sempre al Campo, dalle 15:30 Carlo Lucarelli parlerà di ”Resistere narrando” nella baracca recuperata, e dopo di lui, nella stessa baracca, alle 16:00 l’ADM Ensable terrà un “concerto per la Liberazione”. Chiude la rassegna Paolo Nori, che alle 17:30, nel piazzale dell’appello, leggerà “Noi e i governi” sulle musiche della Filarmonica della Città di Carpi.
E ancora, alle 19:30 ci spostiamo marciando fino al Mattatoio Culture Club, dove tutto cominciò, l’anno scorso, e rifacciamo Schegge di Liberazione, forse con Lucarelli e Nori.
Nota: in caso di maltempo ci spostiamo con Schegge di Liberazione e Carlo Lucarelli al Museo del Deportato in centro a Carpi, l’ADM Ensable finisce nella Sala delle Vedute del Palazzo dei Pio e Paolo Nori al Cinema Teatro Eden. La parte al Mattatoio rimane invariata, ché il Mattatoio ha ancora un tetto.
Ma ci sarà sicuramente il sole, almeno quello dell’avvenire.Come si dice, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, Pasquetta però con noi (/me scappa a gambe levate)
La parte misteriosa
Parcheggio la macchina davanti allo spiazzo che in estate viene occupato dal luna park. Questo tratto di lungomare è quasi disabitato d’inverno, soprattutto di sera, soprattutto tra settimana; infatti ci sono solo io. Mi incammino con calma lungo la strada chiusa che porta al mare, proteggendomi la testa dal vento con il cappuccio della felpa, e man mano che avanzo sento sempre più chiaramente il rumore ritmico della risacca. Proseguo fino a farmi quasi lambire gli anfibi dalle onde, lasciandomi alle spalle il cono di luce dell’ultimo lampione della stradina. Mi giro, la schiena rivolta al mare, verso quel tratto di spiaggia dove ero solito andare da bambino. Chiudo gli occhi e vedo, qui sulla destra, gli ombrelloni disposti a caso nella spiaggia libera, e più in là, a sinistra, quelli ordinati ed allineati dello stabilimento balneare. In mezzo, una specie di terra di nessuno senza ombrelloni ma piena di teli da bagno, e in fondo, vicino al viale, il campo da beach volley. Ci ho passato parecchi anni qui, ci sono praticamente cresciuto, giochi, amicizie, amori, un sacco di cose. Mi giro nuovamente e c’è il mare, che ora mi appare come una massa scura nel buio della sera, ma che rivedo azzurro e piatto. Ripenso alle ore trascorse con mio nonno pescando paganelli sugli scogli, ripenso a quello squalo di gomma che ho perso in acqua e chissà dov’è finito, ripenso alle fughe in moscone per lasciarmi alle spalle la calca dei turisti di agosto. Le prime nuotate al largo, con Enzo, mi sentivo un puntino galleggiante sopra la distesa blu, e mio dio chissà cosa mi starà passando sotto in questo momento. “Dai che non succede niente, cosa vuoi che sia, altre due bracciate e facciamo il giro degli scogli!”, e io mi fidavo quasi sempre, quasi perché quella volta non si è accorto delle meduse, e cazzo come pizzicavano. E quindi non glielo dicevo ma continuavo ad immaginarmi una sagoma scura che intravvedevo passarmi sotto, e in quei momenti le bracciate erano più veloci. Un mare affascinante e misterioso, agli occhi di un bambino. E mi ritrovo a riaprirli quegli occhi ora cresciuti, e c’è di nuovo la massa scura in movimento, una buona amica che ha però perso la sua parte misteriosa. Mi sento un po’ infreddolito e decido che è ora di rientrare, però vengo distratto da una serie di sassi piatti e levigati, finiti li chissà come, perfetti per essere lanciati, ed è un peccato non approfittarne. Due, tre, due, poi quattro salti. Osservo la traiettoria dell’ultimo, che ne fa cinque di salti prima di scomparire, e soddisfatto mi giro per andare, quando mi sembra di sentire un suono, una serie di “sciaff”, sovrapporsi a quello della risacca. Ruoto su me stesso per controllare, e qualcosa mi colpisce una scarpa, oppure colpisco qualcosa con la scarpa. Abbasso lo sguardo e vedo un sasso tondo, piatto, liscio, vicino al piede destro. Sorrido, e andando verso la macchina penso che forse, in fin dei conti, la parte misteriosa della massa scura non è sparita del tutto.
