
[Saline di Cervia – 8:14PM, 1/2500, f/6.3, ISO200, focal length 200mm]
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[Condivido questa cosa, letta su Friendfeed, scritta da Marco Barbieri di San Giovanni in Persiceto, non lo conosco ma gli sono vicino].
Gentile Sig. Terremoto, c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto: Per chiamarci non basta una parola sola : Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate… tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha decido di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello. E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo. In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei torellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A Volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta. Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto una persona di Mirandola poche ore fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai.
[UPDATE di dare a Cesare quel che è di Cesare] Marco quota questo pezzo di Lucarelli, aggiungendoci qualcosa di suo. Il risultato, comunque, non cambia.
[Più che un post è un post-it, ci segno sopra un paio di cose da ricordare]
* Chrome
Shift+Ctrl+T -> riapre l’ultimo tab chiuso, nella medesima posizione
* Esplora Risorse (Windows 7 di sicuro, Vista non so)
Shift+R-Click in una cartella -> nel menù pop-up appare la entry per aprire una console nella directory relativa al R-Click
Akille ha detto tutto, lo quoto e non aggiungo altro.
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La spiaggia è deserta, nonostante il sole sia sufficientemente forte per far togliere la felpa e restare in t-shirt. È tutto uno spennellare di muri e ringhiere, un avvitare dadi e bulloni ai giochi per i bambini, uno spazzare e rastrellare sabbia. E tutto questo in un silenzio quasi assoluto, interrotto ogni tanto dai versi dei gabbiani o dal rombare, in lontananza, di qualche moto che si arrampica su per il promontorio. Dai che ci siamo.
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Primo esperimento significativo con Arduino Uno, qualcosa che va oltre il classico “Hello, world” con annesso blink del LED giallo.
Inizialmente mi sono accontentato di montare qualche componente esterno direttamente su due pin strip infilate nei connettori della scheda, ma la scarsa stabilità del sistema mi ha fatto desistere, e così ho acquistato cinque Proto Shield, cioè un circuito stampato preforato (tipo una scheda millefori) e preformato per essere sovrapposto alla board Arduino Uno. Ed ecco il circuito iniziale, riportato nel proto shield.
C’è un trimmer collegato ad un ingresso analogico, un dip switch a due vie collegato a due ingressi digitali, e due LED ad alta luminosità (per rendere il tutto più figo) collegati a due uscite PWM. Il loop principale del firmware funziona così: leggo il valore relativo al trimmer, e uso il valore per pilotare in PWM i due LED, solo se il corrispondente pin del dip switch è su ON, altrimenti spengo il LED. Inoltre, se la variabile legata al debug è vera, invio sulla seriale il valore letto sul trimmer.
Ecco il firmware.
// Do not remove the include below
#include "dimmer.h"
#include <SoftwareSerial.h>
#define LED_R 10
#define LED_V 11
#define TRIMMER A0
#define DIP1 5
#define DIP2 6
boolean debug = true;
int brigthness = 0;
//The setup function is called once at startup of the sketch
void setup() {
pinMode(LED_R, OUTPUT); // Red LED, output
pinMode(LED_V, OUTPUT); // Green LED, output
pinMode(DIP1, INPUT); // 1st switch
pinMode(DIP2, INPUT); // 2nd switch
if (debug) Serial.begin(57600);
}
// The loop function is called in an endless loop
void loop() {
brigthness = analogRead(TRIMMER);
if (digitalRead(DIP1)) analogWrite(LED_R, (int)(brigthness / 4));
else analogWrite(LED_R, 0);
if (digitalRead(DIP2)) analogWrite(LED_V, (int)(brigthness / 4));
else analogWrite(LED_V, 0);
if (debug) {
Serial.print("Brigthness: ");
Serial.println((int)(brigthness / 4), DEC);
}
}
Nel breve termine vorrei: 0] legare il debug ad un tasto fisico, invece che ad una variabile hard-coded; 1] verificare se tramite una coppia trasmettitore / ricevitore IR si può mettere in piedi un sensore di prossimità; 2] pilotare una barra LED usando il minor numero di pin; 3] (il vero obiettivo) interfacciare la board ad una macchina radiocomandata, in modo da sfruttare la meccanica e l’elettronica di base preesistenti.
Ogni volta che ci passo, sulla Romea, penso la stessa cosa, ovvero che mi piacerebbe percorrerla su due ruote, magari in bici, per potermi fermare senza problemi e fotografare la miriade di cose che passano davanti agli occhi. Paesaggi, specchi d’acqua, e tutta una serie di edifici commerciali risalenti agli anni ’70, chiusi e abbandonati da decenni, decadenti e affascinanti allo stesso tempo. Sarebbe senza dubbio un viaggio atipico, però questa cosa mi manca, un viaggio senza meta, anzi, meglio, un viaggio che è Viaggio e Meta allo stesso tempo.
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