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  • In un mix di fastidio, pessimismo e voltastomaco

    C’è questa sorta di filo conduttore al quale sono appesi i pensieri di questa settimana, e l’argomento è lo stesso: le parole, il saperle usare, il sapersi esprimere. Il lavoro che svolgo mi mette a contatto continuamente le persone, loro mi chiamano, io le ascolto e cerco di risolvere i loro problemi. E una percentuale alta di queste persone sembra non essere in grado di usare le parole corrette per esprimere i propri problemi, le proprie necessità: frasi costruite a cazzo di cane, termini usati al posto di altri (no, non sinonimi, proprio parole sbagliate) e altre amenità del genere. A parte il fatto di complicarmi la vita, questa cosa è straziante, mi fa venire la nausea e invocare l’asteroide ogni due per tre. E mi astengo dal parlare di ciò che vedo al di fuori della mia bolla dorata. L’ignoranza è dovunque, non solo sembra essere stata sdoganata ma addirittura sembra sia una cosa figa, quasi da ostentare; e non mi stupisco più di tanto che accadano i fatti di cronaca successi negli ultimi giorni: la gente ignorante la si manipola con troppa facilità, cristo. La cultura è bella, l’esprimersi correttamente è importantissimo, e una frase ben costruita è addirittura sexy, tanto che, ti dirò, l’idea di un congiuntivo azzeccato o la punteggiatura al posto giusto mi stuzzica tanto quanto quella di un pompino. E non c’è niente da ridere.

  • Buttare?

    Hai presente il momento in cui ti senti preso dal sacro fuoco del buttare e vorresti liberarti di un sacco di cose che trovi inutili? È figa sta cosa, ti riempie i giorni, ma mi domando, è meglio avere attorno roba che non serve, oppure avere dello spazio vuoto e un cazzo con cui riempirlo? Boh, ci dormo su.

  • La matematica del karma

    La sensazione è quella di aver chiuso un conto aperto diversi anni fa e di essermi messo in pari con il karma.

    Probabilmente questo post potrebbe chiudersi qui, un po’ criptico, un po’ intimista, tanto cazzi miei, ma ho voglia di scrivere ancora. Non è come la chiusura di un cerchio, è più tipo la fase di risalita di una cicloide allungata, che risale in funzione di ciò che si porta dietro ma non sa come proseguirà perché le variabili in gioco sono cambiate (in tutta onestà alla cicloide non interessa il percorso, a lei basta muoversi, me lo ha detto prima). Molto probabilmente va a finire che mando quella mail che avrei dovuto mandare già da un botto di tempo, Grazie, almeno uno dei due ha avuto la forza di dire basta.

    Let’s go. [Play]

  • Infinite Jest – 55%

    Inizialmente avevo pensato di scrivere qualcosa man mano procedevo con la lettura, poi però mi sono perso nei meandri di questa cosa immensa, e niente, mi limito a trascrivere le sottolineature fatte sul Kindle.
    È davvero una cosa im-men-sa.

    […] un uomo magro e giallognolo il cui sorriso fisso ha la precarietà delle cose impresse su materiale non-cooperativo

    Le mattine peggiori, coi pavimenti freddi e le finestre calde e la luce senza pietà – la certezza dell’anima che il giorno non dovrà essere traversato ma scalato verticalmente, e andare a dormire alla fine della giornata sarà come cadere da un punto molto in alto, a strapiombo.

    […] rimontare immediatamente in sella al cavallo emozionale

    […] come fosse ritagliato nella pasta di luna

    quando Schtitt espira fa dei piccoli suoni che variano in esplosività fra la P e la B.

    […] punti in cui le cose andavano in pezzi e si frammentavano nella bellezza pura.

    Nell’aria c’erano i fruscii illocalizzabili delle piccole cose viventi che escono di notte.

    Stice viene da una parte del Kansas cosí a sudovest che tanto varrebbe fosse Oklahoma.

    «Ragazzi», dice Hal sottovoce, «non è piú una cosa fisica. La parte fisica è solo pro forma. È sulle teste che stanno lavorando. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Un intero programma. Vi aiuterà a vedere il loro disegno. Ci dànno sempre qualcosa da odiare, odiare davvero tutti insieme mentre si avvicinano gli appuntamenti importanti

    Fatelo e basta. Non state a pensare se c’è un senso. Certo che non c’è un senso. Il senso della ripetizione è che non c’è senso.

    Uno virgolette chiuse virgolette sport di furore anale e berretti a quadri.

    Trattate le vostre ginocchia e i vostri gomiti con ogni ragionevole cura: resteranno con voi a lungo.

    «Amava quel genere di musica sognante e trasognata che aveva il ritmo delle cose lunghe quando oscillano».

    Che ci vuole un grande coraggio per mostrarsi deboli.

    La sbuffata di Pemulis suona come la lettera K.

    […] la risposta che era diventata aneddoticamente famosa: sí, be’, sí, in verità lui era davvero inebriato, ma la mattina dopo si sarebbe svegliato sobrio, mentre lei, cara signora, il giorno dopo avrebbe continuato a essere repellentemente e improbabilmente deforme.

    […] dagli occhi cosí spalancati da far intuire il tessuto cerebrale dietro il bulbo oculare

    Quanta voglia di morire deve avere una persona per infilare la testa in un forno a microonde?

    L’idea di ciò che sta per fare qui dentro contiene ogni altra idea e la rende banale.

    Continua a colpire finché non si apre un angolo. Fino a quel momento continuerà a colpire, instancabile. Sfianca gli altri giocatori, li finisce.

    […] avrebbe fatto meglio a dedicarsi a uno sport minore dove quello che colpisci non si alza per ricambiare.

    […] 40 yard, quel suo battesimale punt agonistico. In realtà era quasi un punt da 90 yard, con un tempo di volo che, come disse l’Assistente degli Special Teams, avrebbe consentito un rapporto sessuale tenero e affettuoso.

    […] «pensieri da marijuana». Si può capire dal fatto che Hal si è piegato in avanti per sputare poi si è perso in un’ellisse di pensiero paralitico e non ha ancora sputato, anche se si trova proprio nella posizione di sparo sopra il bicchiere Nasa.

    […] la sua faccia una maschera mortuaria di pietra tolteca.

    […] buco oscuro, altri denti, e una mano con gli artigli che culla qualcosa di irresistibile, e ora capisci che sei fregato, inculato a sangue, spogliato e fottuto e buttato da una parte come una bambola di pezza, condannato a rimanere per sempre nella posizione in cui atterrerai.

    Solo agli Aa di Boston si può sentire la storia di un immigrante di cinquant’anni che racconta in maniera lirica la sua prima defecazione solida da adulto.

    Sono assolutamente estranei a questa prerogativa tutta americana di dare l’assoluzione con l’ironia.

    I lampi graffiano il cielo a oriente, e fanno un bell’effetto nel buio della sala pesi perché Lyle sembra essere in una posizione leggermente diversa ogni volta che è illuminato dalla finestra sopra la macchina mano-polso-gomito alla sua sinistra, e sembra che nella stanza ci sia un Lyle diverso a ogni fulmine.

    «Comme on dit», disse Marathe, «utilitarienne. Massimizzare il piacere, minimizzare il dolore: risultato: ciò che è buono. Questi sono i tuoi Usa».

    «Noi non vogliamo costringere nessuno. Il nostro genio storico sta esattamente nel non costringere nessuno. Hai diritto ai tuoi valori per raggiungere il tuo massimo piacere. Finché non rompi le palle a me. Capisci adesso?»

    […] se la maggiore soddisfazione possibile in questo momento, en ce moment, consiste nell’intera porzione di Habitant, come posso io mettere da parte il desiderio di questo momento di romperti il capo e prendermi la zuppa? Come posso non pensare piú a questa zuppa e pensare alle zuppe che incontrerò in futuro sulla mia strada?

    Hal l’ha ascoltata per qualche minuto e ha detto a suo fratello che gli era sembrato il suono che fa la mente di qualcuno mentre si spezza proprio davanti alle tue orecchie.

    A volte cerca di girargli intorno per vedere se deLint ha davvero la coordinata z o se è solo un ritaglio o una proiezione bidimensionale.

    «Il cervello umano è molto denso; è la verità».

    […] si muovono lente, implacabili, calme e professionali eppure minacciose, con l’indifferenza tipica delle cose che stanno proprio in cima alla catena alimentare

    «L’analogia è che anche quelli che sanno che questo piacere li ucciderà, anche loro non si fermano».

    «Ho l’impressione che tu entri ed esci da diversi modi di parlare. Certe volte mi sembra che tu non voglia che io ti segua».

    Il loro percorso fino a qui è un Mondrian di stradine che si restringono sempre piú fino a diventare delle vere e proprie gole per tutti i cassonetti che le ingombrano.

  • Three in a row

    È la terza notte di fila che ti sogno.

    Ci sono state situazioni interessanti, momenti surreali, abbiamo sgridato, avuto paura, limonato.

    Pensavo, se ti sogno anche stanotte me la dai? Secondo me ci può stare, eh.

  • Anche (*)

    (*) da intendersi come congiunzione, non come plurale.

    Qualche tempo fa parlavo con un amico del fatto che mi sono accorto di essere diventato qualcosa che somiglia molto ad uno stronzo cinico, e del fatto che questa cosa, quando ci penso, mi stupisca sempre un po’. Lui, mente illuminata, mi dice “Ma Cala, guarda che è normale, quando si sta così, è così che si diventa.”. Secco, senza tanti giri di parole. Poi capita a fagiolo una seduta dalla doc: topic simile, la riduzione ai minimi termini, il rigetto delle seghe mentali e della cavillosità e di chi ne è portatore, l’avere bisogni basici e il soddisfarli in maniera altrettanto basica (cit.) (questo è stato illuminante, tu-sai-chi). Breve introduzione. Le sedute sono delle lunghe chiacchierate relative a quello che mi succede tra un incontro e l’altro; molto spesso accade che l’analisi che faccio su me stesso sia la stessa che fa lei dall’altra parte della scrivania, e dunque un “Massimiliano no, su questo non sono d’accordo con lei.” arriva piuttosto forte, e mi fermo, i gomiti appoggiati al tavolo e le mani a calice sotto il mento, ad ascoltare. Il discorso verteva sulla rudezza e l’essenzialità della forma, e l’affermazione contestata era il mio “va bene così”: lei l’ha presa e l’ha fatta diventare “va bene ANCHE così”. Sembra una modifica da nulla, una parola aggiunta lì per lì, ma sotto c’è molto. Non so chi abbia ragione in questo caso, ma ogni tanto ci rifletto, e comunque le ho detto “Cazzo, ma lo sa che lei è davvero brava?” Grasse risate da entrambi i lati del tavolo, “La saluto, ci vediamo tra un paio di mesi, buona giornata.”.

  • Una considerazione estemporanea sul sonno

    Durante le ultime due notti ho dormito male. Vuoi per il caldo nella stanza, vuoi per la treccia di fili e il borsello a lato, sono state due notti movimentate, un continuo rotolarmi da una parte e dall’altra. Ieri sera, ad un certo punto, durante l’ennesimo rotolamento mi sono ritrovato a formulare, piuttosto lucidamente, quasi da sveglio, un pensiero. “Cosa cazzo ti giri a fare da questa parte? Ci hai già provato ed è andata male”. Non mi era mai capitato. Poi vabbè, ho proseguito per non interrompere il ritmo di rotolamento. 

  • Il piacere delle piccole cose

    Questo Sangiovese Novello, che ha superato ogni aspettativa.
    Un abbraccio della madonna.
    La canzone giusta quando accendi la radio dopo il lavoro.
    L’esplosione di un sorriso scatenata da un altro sorriso esplosivo.
    L’inchiostro su mani e braccia che si muove in una danza quasi erotica intanto che prepari da mangiare.
    Ma soprattutto il caldo alla pancia che ti lasciano le piccole cose quando accadono.

  • “Code is poetry”

    Della frase mi interessa l’intendere la scrittura di programmi come un atto creativo.
    Ditemi chi devo ringraziare per l’essermi appassionato alla programmazione, tanti anni fa, e lo farò. La scrittura di programmi è un angolo tranquillo nel quale rifugiarsi, ogni tanto. Il fine non è importante, anzi a volte nemmeno c’è, si scrive codice e basta, fine a se stesso, per il puro atto terapeutico del farlo. È anche quel piccolo massaggio all’ego per chi, come me, non ha altre velleità creative (o per lo meno ne ha altre, ma che non danno la stessa soddisfazione). Costruisco un qualcosa, con le mie mani, secondo le mie regole, regole che possono seguire una logica più o meno discutibile, senza dubbio, ma è un qualcosa di cui conosco perfettamente il funzionamento, e al quale posso metter mano per correggere un eventuale bug.