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  • Una cosa sulla memoria

    La memoria sembra che sia il filo rosso lungo il quale scorrono ultimamente i miei pensieri. Nei film, nelle cose mie, nelle canzoni, è sempre lì che mi martella in testa. È un pensiero articolato, quello di stasera, ed è tardi, quindi posso dire che in estrema sintesi si può riassumere dicendo che le cose andrebbero fatte in modo che ne rimanga traccia, un segno tangibile della cosa avvenuta, un nuovo ricordo molto forte nella testa di qualcuno. Così è impossibile cancellarci.

  • “Quelle cose sono noi, quelle cose siamo noi”

    Ora che ci penso, è stato proprio girando questi milleduecento metri quadri che vanno a riempirsi di ogni cosa che ho capito meglio perché posso stare minuti eterni a guardare un cartello arrugginito in un parcheggio, una vecchia porta di legno riverniciata di fresco, la silhouette dei tetti fuori dalla stazione di Rogoredo, e perché i ritratti delle persone mi piacciono ma non mi interessano – perché se guardi una persona vedi solo quella, se vedi una cosa vedi anche una persona.

    (Come spesso accade, Sir Squonk mi da involontariamente il la, e io non posso fare altro che andarci dietro.)

    Dunque, nella casa vecchia, avevo questo piatto piano – ne parlai qui – proveniente da un servizio passatomi da mia mamma.
    Questo piatto si è crepato la prima sera che ho cenato in quella casa, appena appoggiato sul tavolo. Inspiegabilmente crepato, ché l’ho appoggiato come son solito appoggiare i piatti sulla tavola, senza troppi urti.

    Fatto sta che lui ha deciso di creparsi, proprio quella sera.
    E non l’ho buttato, ché in fin dei conti era solo una crepa, sembrava tenere botta.
    Ed è durato fino a stasera, con la sua bella crepa, finché non l’ho preso e gli ho dato un colpo secco sul tavolo.

    Perché, come dice lui, le cose ci rappresentano. E quello mi ha rappresentato per un sacco di tempo, ché anche io ero in qualche mondo “crepato”, mi sentivo così.

    Oggi, leggendo il post, mi è venuto in mente. Non tanto come oggetto, ché ci ho mangiato dentro praticamente sempre, quello era il MIO piatto, ma piuttosto come significato. E considerato che non mi sento più rotto, crepato, ha smesso di rappresentarmi, è ritornato ad essere un piatto e basta.

    E bon, l’ho rotto e buttato.