Ha deciso che è il momento giusto per una sigaretta, e si dirige verso il balcone. Lascia il soggiorno vuoto, il silenzio del film in pausa interrotto ogni tanto dal condizionatore che tenta a fatica di raggiungere la temperatura impostata. La casa è buia, e lui si trova a volerla mantenere tale. Si muove piano nel buio, evitando gli ostacoli che conosce a memoria, ruota il meccanismo di chiusura delle imposte inclinandolo per evitare il cigolio del metallo contro il metallo, poi è fuori. L’aria è calda e umida, immobile, ma sa che c’è un angolo, in fondo, verso destra, che probabilmente è ventilato. E infatti. Si appoggia al parapetto, la mano a coppa per aiutare l’accendino, e si guarda in giro, pensando. Pensando alle altre volte che si è trovato in quella situazione, con altri pesi sullo stomaco, con altri pensieri in testa. “Allora, cosa dici, torni qui?”, gli ha chiesto. “Si, dai, credo sia la cosa più semplice, per tutti”, ha risposto. Più semplice, si, ma quanto facile?
Tag: racconti
A occhi chiusi
Mi guarda, ora ne sono sicuro. Ha gli occhiali da sole, ma non servono, ho colto lo sguardo. Mi fissa, quasi con preoccupazione, la vedo. Si, in effetti ho il viso corrucciato, l’espressione tirata guardando fuori dal finestrino: ma è il sudore che brucia gli occhi, il male ai piedi per la lunga camminata. Ok, ci sono anche i soliti pensieri, però, oggi, ecco, non solo. Cosa vuole? Perché non smette? Cosa sta pensando di me? Non si accorge che mi da fastidio? Adesso provo a chiudere gli occhi e dormire un po’, così magari mi si rilassano i muscoli del viso, e lei la smette.
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Le storie dei bar
All’inizio c’era una idea, quella di raccogliere materiale sui bar, racconti, foto, video. La balotta, se mi si concede un poco di slang, l’ha pensata e mi è sembrata subito ottima. I bar sono luoghi affascinanti, sono dei piccoli ecosistemi chiusi, e guardarli da fuori è come mettersi a fissare una vasca in un acquario. Poi purtroppo ci si è resi conto che il progetto era troppo complesso, ed è stato accantonato. Ora, approfittando di Stimu:lable, il progetto l’abbiamo rispolverato, e qui trovi i post relativi.
[UPDATE] il socio mi ricorda che accettiamo contributi :) Da inviare per email a info [chiocciola] stimulable [punto] net
“Ma ci sarà sicuramente il sole, almeno quello dell’avvenire.”
Manicardi e la combriccola tutta l’hanno fatto di nuovo.
Il 25 aprile esce Schegge di Liberazione, quello di carta, e pure in ebook. Il 25 aprile siamo all’ex Campo di Concentramento di Fossoli (una frazione di Carpi), dove in vari punti del campo dalle 14:30 alle 15:30 leggiamo i pezzi dal nuovo Schegge e da quello vecchio. Ad accompagnarci ci saranno quel fricchettone di simonerossi all’ukulele e un contrabbassista nuovo in temporanea sostituzione del nostro Bicio, che è andato a lavorare in Germania, pensa te.
Al solito, se volete leggere il vostro pezzo o un pezzo altrui, saremo lì ad accogliervi con le braccia spalancate. Mandate pure una missiva elettrificata a marcomncrd chiocciola gmail punto com, contattateci nei socialcosi o presentatevi direttamente al Campo di Fossoli un po’ prima delle 14:30.
Ma non finisce mica lì, perché dopo di noi, sempre al Campo, dalle 15:30 Carlo Lucarelli parlerà di ”Resistere narrando” nella baracca recuperata, e dopo di lui, nella stessa baracca, alle 16:00 l’ADM Ensable terrà un “concerto per la Liberazione”. Chiude la rassegna Paolo Nori, che alle 17:30, nel piazzale dell’appello, leggerà “Noi e i governi” sulle musiche della Filarmonica della Città di Carpi.
E ancora, alle 19:30 ci spostiamo marciando fino al Mattatoio Culture Club, dove tutto cominciò, l’anno scorso, e rifacciamo Schegge di Liberazione, forse con Lucarelli e Nori.
Nota: in caso di maltempo ci spostiamo con Schegge di Liberazione e Carlo Lucarelli al Museo del Deportato in centro a Carpi, l’ADM Ensable finisce nella Sala delle Vedute del Palazzo dei Pio e Paolo Nori al Cinema Teatro Eden. La parte al Mattatoio rimane invariata, ché il Mattatoio ha ancora un tetto.
Ma ci sarà sicuramente il sole, almeno quello dell’avvenire.Come si dice, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, Pasquetta però con noi (/me scappa a gambe levate)
La parte misteriosa
Parcheggio la macchina davanti allo spiazzo che in estate viene occupato dal luna park. Questo tratto di lungomare è quasi disabitato d’inverno, soprattutto di sera, soprattutto tra settimana; infatti ci sono solo io. Mi incammino con calma lungo la strada chiusa che porta al mare, proteggendomi la testa dal vento con il cappuccio della felpa, e man mano che avanzo sento sempre più chiaramente il rumore ritmico della risacca. Proseguo fino a farmi quasi lambire gli anfibi dalle onde, lasciandomi alle spalle il cono di luce dell’ultimo lampione della stradina. Mi giro, la schiena rivolta al mare, verso quel tratto di spiaggia dove ero solito andare da bambino. Chiudo gli occhi e vedo, qui sulla destra, gli ombrelloni disposti a caso nella spiaggia libera, e più in là, a sinistra, quelli ordinati ed allineati dello stabilimento balneare. In mezzo, una specie di terra di nessuno senza ombrelloni ma piena di teli da bagno, e in fondo, vicino al viale, il campo da beach volley. Ci ho passato parecchi anni qui, ci sono praticamente cresciuto, giochi, amicizie, amori, un sacco di cose. Mi giro nuovamente e c’è il mare, che ora mi appare come una massa scura nel buio della sera, ma che rivedo azzurro e piatto. Ripenso alle ore trascorse con mio nonno pescando paganelli sugli scogli, ripenso a quello squalo di gomma che ho perso in acqua e chissà dov’è finito, ripenso alle fughe in moscone per lasciarmi alle spalle la calca dei turisti di agosto. Le prime nuotate al largo, con Enzo, mi sentivo un puntino galleggiante sopra la distesa blu, e mio dio chissà cosa mi starà passando sotto in questo momento. “Dai che non succede niente, cosa vuoi che sia, altre due bracciate e facciamo il giro degli scogli!”, e io mi fidavo quasi sempre, quasi perché quella volta non si è accorto delle meduse, e cazzo come pizzicavano. E quindi non glielo dicevo ma continuavo ad immaginarmi una sagoma scura che intravvedevo passarmi sotto, e in quei momenti le bracciate erano più veloci. Un mare affascinante e misterioso, agli occhi di un bambino. E mi ritrovo a riaprirli quegli occhi ora cresciuti, e c’è di nuovo la massa scura in movimento, una buona amica che ha però perso la sua parte misteriosa. Mi sento un po’ infreddolito e decido che è ora di rientrare, però vengo distratto da una serie di sassi piatti e levigati, finiti li chissà come, perfetti per essere lanciati, ed è un peccato non approfittarne. Due, tre, due, poi quattro salti. Osservo la traiettoria dell’ultimo, che ne fa cinque di salti prima di scomparire, e soddisfatto mi giro per andare, quando mi sembra di sentire un suono, una serie di “sciaff”, sovrapporsi a quello della risacca. Ruoto su me stesso per controllare, e qualcosa mi colpisce una scarpa, oppure colpisco qualcosa con la scarpa. Abbasso lo sguardo e vedo un sasso tondo, piatto, liscio, vicino al piede destro. Sorrido, e andando verso la macchina penso che forse, in fin dei conti, la parte misteriosa della massa scura non è sparita del tutto.
Ritmo ipnotizzante
![Banjo or freakout - Locomitiv [BO] Banjo or freakout - Locomitiv [BO]](https://i0.wp.com/www.mcalamelli.net/wp-content/uploads/2011/03/banjo_or_freakout-490x490.jpg?resize=490%2C490)
Il cantante lascia il microfono e lo strumento. Per un attimo sparisce in basso, nelle ombre create dalle luci forti sparate verso il telone bianco, poi si rialza, il busto libero dal peso della chitarra, le mani occupate da un paio di bacchette. Si ferma, guarda gli altri due, alle prese con un ritmo trascinante fatto di rullate impetuose e ritmiche distorte, poi si avvicina al tom-tom libero davanti alla batteria.
E comincia.
Batte su quel tom-tom come se dovesse vendicarsi di un torto enorme, batte con una cadenza molto veloce che sembra quasi superare quella creata dagli altri due, batte e segue il movimento delle braccia con tutto il busto come in preda alle convulsioni. Noi lo guardiamo, li guardiamo, siamo in piedi davanti al palco tra altri corpi che ondeggiano, con i bassi che ci massaggiano l’addome. Poi mi accorgo di avere smesso di guardarli, mi accorgo di essere inchiodato a quelle due bacchette che vanno su e giù talmente in fretta da essere una striscia unica di bianco, le braccia che non si capisce quale delle due stia battendo. Riescono a mantenere quel ritmo forsennato per diverso tempo, ci tengono ben incollati, poi all’improvviso stop, silenzio, mani sulle corde e sui piatti per terminare ogni suono. Ecco, in quel momento mi sono sentito cadere.Quer pasticciaccio bello
Quer pasticciaccio bello nasce come costola [sinistra] del My own private Milano. Dieci fotografi romani, dieci foto della periferia di Roma, dieci scribi di fuori Roma. Per parlare, raccontare o anche solo immaginare la parte più grande e, forse, più complessa di questa città.
Perché se vi hanno detto che Roma è solo il Colosseo e i sampietrini, beh, vi hanno mentito.
Frattaglia & co, cose belle dall’Internet. Lo scarichi qui.
La libreria
La libreria è un brulichìo di gente, piena come solo a Natale riesce ad esserlo. Nonostante non sia la mia solita libreria, riesco a distinguere facilmente i diversi tipi di clienti. C’è l’abitudinario, che si muove scattante tra gli scaffali accelerando il passo per raggiungere le sezioni preferite e ignorando il resto. C’è quello con il titolo da regalare bello chiaro in testa, che ignora tutti gli scaffali e si dirige direttamente alla cassa per chiedere disponibilità al’addetta. C’è quello, spaventato e quasi rassegnato, che non sa che titolo regalare e gira per tutti gli scaffali con lo sguardo perso nel vuoto, e alla fine va alla cassa chiedendo un libro qualsiasi, oppure, se ha un po’ più di amor proprio, chiedendo quello più venduto. Io lo so benissimo cosa voglio, però prima passeggio verso le sezioni che non guardo di solito, incuriosito dai titoli e dalle copertine, anche perché la fila alla cassa è chilometrica. Come dicevo, non è la mia libreria preferita, ma una delle quattro che frequento, in zona. Per Natale le alterno, le tre non preferite, a causa di quel mio problema, che poi per me non è un problema ma a vedere le facce della gente che mi sta vicino sembra di si. Guardo di sfuggita la cassa, mi accorgo che la fila è quasi finita e decido che vado.
“Buongiorno, desidera un pacco regalo?”
“Si, grazie”Le mani della cassiera corrono veloci sul foglio argento lucido, mani che negli ultimi giorni hanno ripetuto gli stessi gesti molte volte.
“Ci vuole un fiocco?”
“Si, grazie, blu se ce lo ha”
“Certamente”Una pressione forte sull’adesivo del fiocco, e il pacco è pronto.
“Ecco il suo pacco, tenga lo scontrino, e ricordi che sostituiamo i regali entro il 31”
Ci siamo. Ormai ci ho fatto l’abitudine, e non ho più timore di rispondere e di vedere gli certi sguardi.
“Non si preoccupi, il regalo è per me”
Come al solito chi mi è vicino si blocca, sento gli occhi che mi fissano, sento i pensieri della gente che cerca di capire, ma non ci do peso, ché tanto ormai ci ho fatto il callo, e per i prossimi Natali sono a posto, ho le altre due librerie nelle quali andare.
“Grazie, arrivederci e buone feste”
[postilla: prima che mia mamma chiami i servizi sociali, la storia non è autobiografica. Ma è comunque vera.]
