Tag: libri

  • Il quarto uomo – F. Schatzing – pos. 4996

    […] Invece le cose importanti devono essere due. Ognuno deve restare la cosa più importante per sé, solo così una relazione può funzionare, solo così ci può essere rispetto. Ma proprio per questo penso pure che l’insieme delle esperienze comuni sia l’intersezione dei nostri mondi personali. Uno deve essere felice da solo, altrimenti non può essere felice con nessuno.

  • In un mix di fastidio, pessimismo e voltastomaco

    C’è questa sorta di filo conduttore al quale sono appesi i pensieri di questa settimana, e l’argomento è lo stesso: le parole, il saperle usare, il sapersi esprimere. Il lavoro che svolgo mi mette a contatto continuamente le persone, loro mi chiamano, io le ascolto e cerco di risolvere i loro problemi. E una percentuale alta di queste persone sembra non essere in grado di usare le parole corrette per esprimere i propri problemi, le proprie necessità: frasi costruite a cazzo di cane, termini usati al posto di altri (no, non sinonimi, proprio parole sbagliate) e altre amenità del genere. A parte il fatto di complicarmi la vita, questa cosa è straziante, mi fa venire la nausea e invocare l’asteroide ogni due per tre. E mi astengo dal parlare di ciò che vedo al di fuori della mia bolla dorata. L’ignoranza è dovunque, non solo sembra essere stata sdoganata ma addirittura sembra sia una cosa figa, quasi da ostentare; e non mi stupisco più di tanto che accadano i fatti di cronaca successi negli ultimi giorni: la gente ignorante la si manipola con troppa facilità, cristo. La cultura è bella, l’esprimersi correttamente è importantissimo, e una frase ben costruita è addirittura sexy, tanto che, ti dirò, l’idea di un congiuntivo azzeccato o la punteggiatura al posto giusto mi stuzzica tanto quanto quella di un pompino. E non c’è niente da ridere.

  • Infinite Jest – 55%

    Inizialmente avevo pensato di scrivere qualcosa man mano procedevo con la lettura, poi però mi sono perso nei meandri di questa cosa immensa, e niente, mi limito a trascrivere le sottolineature fatte sul Kindle.
    È davvero una cosa im-men-sa.

    […] un uomo magro e giallognolo il cui sorriso fisso ha la precarietà delle cose impresse su materiale non-cooperativo

    Le mattine peggiori, coi pavimenti freddi e le finestre calde e la luce senza pietà – la certezza dell’anima che il giorno non dovrà essere traversato ma scalato verticalmente, e andare a dormire alla fine della giornata sarà come cadere da un punto molto in alto, a strapiombo.

    […] rimontare immediatamente in sella al cavallo emozionale

    […] come fosse ritagliato nella pasta di luna

    quando Schtitt espira fa dei piccoli suoni che variano in esplosività fra la P e la B.

    […] punti in cui le cose andavano in pezzi e si frammentavano nella bellezza pura.

    Nell’aria c’erano i fruscii illocalizzabili delle piccole cose viventi che escono di notte.

    Stice viene da una parte del Kansas cosí a sudovest che tanto varrebbe fosse Oklahoma.

    «Ragazzi», dice Hal sottovoce, «non è piú una cosa fisica. La parte fisica è solo pro forma. È sulle teste che stanno lavorando. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Un intero programma. Vi aiuterà a vedere il loro disegno. Ci dànno sempre qualcosa da odiare, odiare davvero tutti insieme mentre si avvicinano gli appuntamenti importanti

    Fatelo e basta. Non state a pensare se c’è un senso. Certo che non c’è un senso. Il senso della ripetizione è che non c’è senso.

    Uno virgolette chiuse virgolette sport di furore anale e berretti a quadri.

    Trattate le vostre ginocchia e i vostri gomiti con ogni ragionevole cura: resteranno con voi a lungo.

    «Amava quel genere di musica sognante e trasognata che aveva il ritmo delle cose lunghe quando oscillano».

    Che ci vuole un grande coraggio per mostrarsi deboli.

    La sbuffata di Pemulis suona come la lettera K.

    […] la risposta che era diventata aneddoticamente famosa: sí, be’, sí, in verità lui era davvero inebriato, ma la mattina dopo si sarebbe svegliato sobrio, mentre lei, cara signora, il giorno dopo avrebbe continuato a essere repellentemente e improbabilmente deforme.

    […] dagli occhi cosí spalancati da far intuire il tessuto cerebrale dietro il bulbo oculare

    Quanta voglia di morire deve avere una persona per infilare la testa in un forno a microonde?

    L’idea di ciò che sta per fare qui dentro contiene ogni altra idea e la rende banale.

    Continua a colpire finché non si apre un angolo. Fino a quel momento continuerà a colpire, instancabile. Sfianca gli altri giocatori, li finisce.

    […] avrebbe fatto meglio a dedicarsi a uno sport minore dove quello che colpisci non si alza per ricambiare.

    […] 40 yard, quel suo battesimale punt agonistico. In realtà era quasi un punt da 90 yard, con un tempo di volo che, come disse l’Assistente degli Special Teams, avrebbe consentito un rapporto sessuale tenero e affettuoso.

    […] «pensieri da marijuana». Si può capire dal fatto che Hal si è piegato in avanti per sputare poi si è perso in un’ellisse di pensiero paralitico e non ha ancora sputato, anche se si trova proprio nella posizione di sparo sopra il bicchiere Nasa.

    […] la sua faccia una maschera mortuaria di pietra tolteca.

    […] buco oscuro, altri denti, e una mano con gli artigli che culla qualcosa di irresistibile, e ora capisci che sei fregato, inculato a sangue, spogliato e fottuto e buttato da una parte come una bambola di pezza, condannato a rimanere per sempre nella posizione in cui atterrerai.

    Solo agli Aa di Boston si può sentire la storia di un immigrante di cinquant’anni che racconta in maniera lirica la sua prima defecazione solida da adulto.

    Sono assolutamente estranei a questa prerogativa tutta americana di dare l’assoluzione con l’ironia.

    I lampi graffiano il cielo a oriente, e fanno un bell’effetto nel buio della sala pesi perché Lyle sembra essere in una posizione leggermente diversa ogni volta che è illuminato dalla finestra sopra la macchina mano-polso-gomito alla sua sinistra, e sembra che nella stanza ci sia un Lyle diverso a ogni fulmine.

    «Comme on dit», disse Marathe, «utilitarienne. Massimizzare il piacere, minimizzare il dolore: risultato: ciò che è buono. Questi sono i tuoi Usa».

    «Noi non vogliamo costringere nessuno. Il nostro genio storico sta esattamente nel non costringere nessuno. Hai diritto ai tuoi valori per raggiungere il tuo massimo piacere. Finché non rompi le palle a me. Capisci adesso?»

    […] se la maggiore soddisfazione possibile in questo momento, en ce moment, consiste nell’intera porzione di Habitant, come posso io mettere da parte il desiderio di questo momento di romperti il capo e prendermi la zuppa? Come posso non pensare piú a questa zuppa e pensare alle zuppe che incontrerò in futuro sulla mia strada?

    Hal l’ha ascoltata per qualche minuto e ha detto a suo fratello che gli era sembrato il suono che fa la mente di qualcuno mentre si spezza proprio davanti alle tue orecchie.

    A volte cerca di girargli intorno per vedere se deLint ha davvero la coordinata z o se è solo un ritaglio o una proiezione bidimensionale.

    «Il cervello umano è molto denso; è la verità».

    […] si muovono lente, implacabili, calme e professionali eppure minacciose, con l’indifferenza tipica delle cose che stanno proprio in cima alla catena alimentare

    «L’analogia è che anche quelli che sanno che questo piacere li ucciderà, anche loro non si fermano».

    «Ho l’impressione che tu entri ed esci da diversi modi di parlare. Certe volte mi sembra che tu non voglia che io ti segua».

    Il loro percorso fino a qui è un Mondrian di stradine che si restringono sempre piú fino a diventare delle vere e proprie gole per tutti i cassonetti che le ingombrano.

  • [Note] Così in terra, Davide Enia, p.169

    È sorprendente l’insistenza con cui le donne domandano agli uomini cosa stiano pensando. La risposta, il più delle volte, è semplice, come elementare è il maschio: a nulla. A volte, si sta soltanto osservando una macchia su un muro. A volte, è l’ascolto di un formidabile assolo di chitarra elettrica ad assorbire tutta l’attenzione. Non c’è nessun esercizio di logica. Ancor più stupefacente è come il maschio si senta in obbligo di fornire una risposta arguta e profonda che ne alimenti il fascino misterioso.

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  • [Note] Così in terra, Davide Enia, p.158

    Il mare era liscio. In quell’acqua di velluto, mi sentivo protetto.
    «Guarda, il movimento non parte dal braccio, ma dal centro del corpo, così, vedi? Devi concentrati sul bacino, Nina… Perché ridi? Ho detto una sciocchezza?»
    «È la prima volta che mi chiami Nina.»
    E partì. E io la vidi, mentre nuotava sbagliando tutti i movimenti, esattamente per quello che era.
    Perfetta.

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  • Back home (summer edition)

    Anche questa estate si ripete il rito del trasferimento temporaneo “a casa”, ora che la famiglia allargata è in ferie. Quest’anno la cosa è un po’ più radicale, c’è da fare cat-sitting, e niente, le prossime due settimane le passo qui. La casa mi accoglie con una calda penombra. Alcune cose le ritrovo al loro posto, cioè, nel senso, dove erano una volta, altre invece no, sparite o spostate. C’è silenzio. Ce n’è tanto, rispetto all’altra casa. È quel tipo di silenzio, non so se ce l’hai presente, tipico degli appartamenti vuoti perché gli occupanti rientrano un po’ più tardi dal lavoro. Faccio due coccole alle gatte, poi dedico la mia attenzione ai libri, ai miei libri. Sono praticamente tutti al loro posto: King troneggia sulla mensola sopra al divano, Barker e Crichton riempiono gli scaffali di fianco alla vetrinetta, Stephenson e gli altri duecento circa sono come intonaco colorato nel corridoio. Mi mancano, i miei libri. A casa purtroppo non c’è posto, il coso di legno preso all’Ikea è già pieno, come fosse un muro di Tetris. Mi mancano, i miei libri.

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  • [Note] Cimiteri – Storie di rimpianti e di follie, G. Marcenaro, p. 108

    […] E ancora una volta il sentiero si richiuse, divorato dall’ondata di piante in rigoglio. Sul monte Vaea c’era un cimitero per due, isolato dal mondo.
    «Pochi uomini abbandonano le isole quando le hanno conosciute; le palme fanno loro ombra e gli alisei li cullano fino alla morte.»
    Oggi la tomba di Stevenson è ancora là. Irraggiungibile. La foresta si è ripresa il giusto andamento, cadenzato dai tempi e dai tifoni. Inutile cercare tracce dei due sentieri aperti dai samoani. […]

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  • [Note] Cimiteri – Storie di rimpianti e di follie, G. Marcenaro, p. 48

    Il 10.8 del calendario gregoriano corrisponde al 10 agosto. Quel giorno si celebra il martirio di san Lorenzo. Nella notte piovono le Perseidi, le lacrime del cielo.
    I napoletani indigenti, morti il 10 agosto di ogni anno dal 1762 al 1890, finirono sotto una lastra di pietra vulcanica contrassegnata con 10.8. La lastra si apriva su un vano di due metri per due, profondo dodici. All’altezza di dieci metri il pozzo aveva una grata, una specie di crivello, uno scolatoio di decomposizioni gocciolanti nel fiume sotterraneo che accoglieva sugo di cadavere. E questo per 366 tombe a pozzo, figurazione di un formidabile calendario funebre, in forma di crittografia astronomica, realizzato sulle pendici della collina di Poggioreale a Napoli. Con una previsione temporale perfetta – teneva conto anche degli anni bisestili.
    Il Cimitero delle 366 fosse l’ho potuto vedere soltanto in alcune fotografie pubblicate in un compassato libro di storia architettonica che trasforma il fenomenale delirio mortuario in un raziocinio tecnico. Per gli storici deve essere l’esempio più alto dell’Illuminismo applicato allo smaltimento di cadaveri. Nella sua compostezza, il cortile con le 366 botole è frutto di una visionarietà senza pari. Fu pensato, formidabile macchina funebre, come liquidatorio di salme per salvaguardare la salubrità dei vivi. Il suo rigoroso incalzare temporale, la fantasiosa applicazione del numero, della smorfia e della quaterna secca, esalta ancor più la città per la quale fu realizzato, capitale della superstizione e delle fatalità.

    Pianta del cimitero

  • [Note] Cimiteri – Storie di rimpianti e di follie, G. Marcenaro, p. 33

    […] Novodevičij è l’enciclopedia russa da sfogliare. Mikhail Bulgakov sempre inseguito dai fantasmi del maestro e della sua Margherita. Anton Čechov sepolto accanto al papà, sotto un cippo che rassomiglia a una casetta, una microdacia sul modello di quelle in Crimea, illuminate da un sole malato. Nikolaij Gogol, certo di non essere riuscito a risvegliarne nemmeno una, attrae le anime morte che continuano a visitare la sua tomba. Konstantin Stanislavskij, il grande regista, pensa che il proprio corpo interpreti la parte della salma, convinto com’è che il metodo da lui inventato, con l’attore marionetta di se stesso, possa applicarsi anche ai defunti.
    A Novodevičij tutto sembra doverosamente e burocraticamente palese. A parte le ceneri di Elizaveta Petrovna, clandestina nella tomba di Vladimir Vladimirovič Majakovskij.